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ATPfotoSe la legge sull’agenzia unica regionale non dovesse sbloccarsi è facile prevedere conseguenze tragiche per tutto il settore del trasporto pubblico locale. Il momento è davvero drammatico e il caso Genova assume una connotazione sula quale occorre intervenire assumendo criteri lungimiranti e non più dettati dall’urgenza.

AMT e ATP sono due aziende pubbliche entrambi in situazione di affanno. Lo stop sul bacino unico regionale evidenzia maggiormente lo stato di criticità; le istituzioni genovesi sono obbligate a ragionare sull’elaborazione di una nuova soluzione che consenta di salvare il trasporto pubblico locale.

Non è più il tempo di attendere e di perseguire. La politica del rinvio ha già troppo destabilizzato il quadro genovese.

Ritengo che per Genova sia arrivato il momento delle scelte soprattutto, se orientate a prendere atto delle trasformazioni. Tra pochi mesi, a seguito del decreto Delrio, Genova cesserà di essere Provincia per diventare città metropolitana. Nell’arco di questa riforma si devono osservare obblighi ma soprattutto si devono studiare strategie innovative per cogliere opportunità e sviluppo. È assurdo alla luce di questi eventi (la nascita della città metropolitana e le difficoltà sull’agenzia unica regionale per il TPL) ragionare ancora su due società pubbliche per il trasporto; Genova diventerà città metropolitana e dovremo pensare non più in termini di confini provinciali ma di un territorio metropolitano eliminando le distinzioni tra urbano e suburbano. È irrazionale continuare a sostenere la necessità di due aziende per il Tpl su un unico territorio metropolitano: dopo aver applicato un piano industriale per salvare le due aziende, si dovrà operare per una fusione tra AMT e ATP. Se siamo un’unica realtà metropolitana è inutile gestire su due aziende le già inadeguate risorse economiche, occorre trovare il coraggio di procedere.

Naturalmente serve un piano industriale serio per salvare le due aziende e solo dopo occorre prevedere la nascita di un nuovo soggetto d’impresa attraverso la fusione di AMT e ATP, magari creando un Holding per il trasporto pubblico locale con attività connesse includendo Genova Parcheggi.

 Questa fusione consentirebbe di sfruttare economie di scala e di scopo, congiunte a talune attività comuni e di attuare politiche di contenimento della spesa pubblica attraverso una riduzione dei costi ed un incremento dei benefici, tra i quali sinteticamente rilevo:

 1)    Ottimizzare la turnazione del personale con il miglioramento del servizio su tutto il territorio metropolitano non essendoci più la distinzione zona urbana o extra.

2)    Nuova gestione dell’orario evitando la sovrapposizione dei servizi ( vedi partenza contemporanea di corriere di ATP e trenino di Casella) e garantendo copertura e presenza sul territorio.

3)    Un solo titolo di viaggio che vuol dire un solo biglietto un solo abbonamento per tutti gli utenti, con un piano tariffario adeguato, senza cittadini di serie A e serie B. Oggi i residenti nei comuni della Provincia, come Campomorone, Serra Riccò, Sant’Olcese, Mignanego, per raggiungere il posto di lavoro o di studio devono sostenere il costo di due abbonamenti, con un’azienda pubblica unica si eviterebbe questa penalizzazione.

4)    Una manutenzione delle vetture unica senza costi aggiuntivi.

5)    Aree parcheggio bus e corriere uniche senza nuovi esborsi

6)    Un solo consiglio di amministrazione , un solo amministratore unico

7)    Garantire il posto di lavoro ai dipendenti

 In Norvegia esempi di fusione tra aziende pubbliche che gestiscono il trasporto ha prodotto ottimi risultati di gestione ed efficienza. Guardando in casa nazionale, anche la regione Abruzzo sta studiando una realtà del genere mentre a Padova questa direzione è stata appena assunta.

Se vinciamo questa scommessa il miglioramento della qualità del servizio incentiverà l’utenza.

ATPfotoAmt-Atp, bilancio in profondo rosso . Fra le partecipate quelle dei trasporti hanno i debiti più alti.

Il profondo rosso delle municipalizzate. Fra le aziende controllate dagli enti locali ( Comune, Regione e Provincia o quel che rimane dell’ente di Palazzo Spinola) le performance economiche peggiori sono ad appannaggio del settore trasporti. Amt e Atp infatti pur offrendo un servizio fondamentale e imprescindibile per la cittadinanza (visto che garantiscono il diritto alla mobilità) restano, per tutta una serie di cause (la cattiva gestione e la riduzione dei finanziamenti ministeriali in primis) le due aziende simbolo della voragine che oggi sono diventate molte municipalizzate. Non passa anno, infatti, che sia Amt sia Atp non finiscano nell’occhio del ciclone e non abbiano bilanci in passivo. Ma se un tempo gli enti pubblici ripianavano, ogni volta, le perdite, adesso, fra spending review, patto di stabilità e riduzione delle risorse è sempre più difficile far fronte agli ammanchi. Amt, inserita in un percorso di recupero del debito, grazie ai sacrifici dei lavoratori e a una contribuzione extra del Comune, vanta un buco di circa sette milioni di euro. Mentre Atp, che al momento è in regime di concordato bianco (un percorso giuridico fatto insieme al tribunale che congela i debiti con i creditori e taglia gli stipendi ai lavoratori) ha un passivo di circa cinque milioni. Pochi “spiccioli”, se comparato ad altri colassi come l’Atac di Roma. Ma buchi di bilancio comunque capaci di portare sull’orlo del fallimento le due aziende.
Ma se una parte importante del problema è la riduzione dei fondi nazionali al sistema del trasporto pubblico, con tagli consistenti e annuali a un comparto strategico. Non bisogna dimenticare che anche le cattive gestioni delle aziende, gli investimenti sbagliati e gli sprechi hanno fatto la loro parte in questo vero e proprio disastro. Anni e anni di scelte discutibili (se non proprio folli) acquisti incauti, che poi sono stati sistematicamente pagati dagli utenti, con aumenti dei titoli di viaggio e tagli alle corse, e dai dipendenti, con riduzioni di stipendio, utilizzo di ammortizzatori sociali, riduzione del personale e intervento sulle turnazioni di lavoro.
Per Amt, fra le operazioni che non hanno certo aiutato l’azienda a stare in equilibrio di bilancio, si potrebbero citare, solo per fare degli esempi recenti, la scissione da Ami e la sua parziale privatizzazione, con l’arrivo della francese Transdev, che poi ha lasciato l’azienda, portandosi via (legalmente e come da contratto) parecchi milioni di euro. Alla fine è toccato al Comune tirare fuori i soldi necessari a non far fallire l’azienda. Ma anche i lavoratori hanno fatto la loro parte. E oggi gli autisti dopo tanti sacrifici, si trovano di fronte a un nuovo spettro del fallimento e una serie di multe da pagare per lo sciopero selvaggio di novembre (nato dal mancato rispetto degli accordi da parte di Palazzo Tursi).
Per Atp, invece, in questi ultimi anni non sono mancati gli sprechi e le consulenze da migliaia di euro. Per il primo caso si possono citare la fornitura di bus acquistata dalla Valle D’Aosta e rimasta in rimessa perché inutilizzabile. Sul fronte delle consulenze, invece, il nostro giornale ha dato conto di spese legali esterne piuttosto alte anche nella fase immediatamente precedente al concordato bianco, quando l’azienda di trasporti provinciali viveva già una situazione drammatica. Adesso con lo spettro del congelamento dell’Agenzia unica di trasporto regionale sia Amt sia Atp rischiano grosso. E Massimiliano Tovo (nella foto), assessore ai Trasporti di Sant’Olcese propone di fonderle, nel caso la legge regionale fosse inapplicabile. «Visto che presto nascerà la città metropolitana – precisa Tovo – sarebbe assurdo che a Genova il trasporto fosse gestito da due aziende pubbliche». 

Corriere Mercantile, domenica 3o marzo 2014

megafonoOggi alcuni intellettuali come Nadia Urbinati, Gustavo Zagrebelsky, Stefano Rodotà, Lorenza Carlassare, Alessandro Pace, Roberta De Monticelli, Gaetano Azzariti, Elisabetta Rubini, Alberto Vannucci, Simona Peverelli, Salvatore Settis e Costanza Firrao hanno firmato un appello pubblicato su “Il Fatto Quotidiano”.

Un appello rivolto contro l’avanzamento della democrazia plebiscitaria, demagogica e tendenzialmente distruttiva degli assetti istituzionali indeboliti dall’ansia riformatrice dell’attuale governo.

Occorre non sottovalutare il processo riformatore in atto e credo che la lettura del testo possa essere utile per una riflessione costruttiva.

“Stiamo assistendo impotenti al progetto di stravolgere la nostra Costituzione da parte di un Parlamento esplicitamente delegittimato dalla sentenza della Corte costituzionale n.1 del 2014, per creare un sistema autoritario che dà al Presidente del Consiglio poteri padronali.
Con la prospettiva di un monocameralismo e la semplificazione accentratrice dell’ordine amministrativo, l’Italia di Matteo Renzi e di Silvio Berlusconi cambia faccia mentre la stampa, i partiti e i cittadini stanno attoniti (o accondiscendenti) a guardare. La responsabilità del Pd è enorme poiché sta consentendo l’attuazione del piano che era di Berlusconi, un piano persistentemente osteggiato in passato a parole e ora in sordina accolto.
Il fatto che non sia Berlusconi ma il leader del Pd a prendere in mano il testimone della svolta autoritaria è ancora più grave perché neutralizza l’opinione di opposizione. Bisogna fermare subito questo progetto, e farlo con la stessa determinazione con la quale si riuscì a fermarlo quando Berlusconi lo ispirava. Non è l’appartenenza a un partito che vale a rendere giusto ciò che è sbagliato.

Una democrazia plebiscitaria non è scritta nella nostra Costituzione e non è cosa che nessun cittadino che ha rispetto per la sua libertà politica e civile può desiderare. Quale che sia il leader che la propone”.

Il fatto quotidiano, 28 marzo 2014

torta caroteContinua l’avventura su Papille clandestine, terza puntata dedicata alla torta alle carote, un altro dolce facile da realizzare in casa, buono e ricco di vitamine.

La torta di carote è un dolce molto soffice, semplice e assai delicato. La sua origine probabilmente è americana, sicuramente una variante al carrot pudding di cui abbiamo ricette a partire dal 1600. Molly O’Neill scrive nel suoNew York Cookbook che George Washington assaporò una torta di carote, per accompagnare il suo tè, aManhattan nel novembre del 1783.

Su Papille Clandestine una ricetta per realizzare la vostra  torta alle carote; certamente non sarà quella mangiata dal presidente George Washington, ma vi assicuro altrettanto gustosa e originale.

SovranitaHo estrapolato da un articolo pubblicato su La Repubblica il 26 marzo 2014 di Alessandro Pace, alcuni concetti che condivido e considero utili per comprendere la riforma elettorale in atto. Forse non appassiona un folto pubblico di lettori, ma l’applicazione della riforma elettorale interessa il nostro futuro per il quale necessiterebbe un po’ più di attenzione e meno deresponsabilizzazione. Ecco perché insisto molto su questo tema, consapevole nello stesso tempo di avere meno capacità attrattiva rispetto ad altri articoli proposti. Sulla questione della riforma elettorale non si cedere al primo pifferaio di turno, ma procedere senza disattendere la sentenza della Corte Costituzionale.

“ (…) La Corte costituzionale ha detto chiaramente, nella citata sentenza, che una legge elettorale, per essere costituzionalmente legittima, pur perseguendo l’obiettivo della stabilità e dell’efficienza del Governo, non deve però determinare una compressione della funzione rappresentativa e dell’eguale diritto di voto. Per contro il d.d.l. 1385 attualmente all’esame del Senato prevede un sistema elettorale avente una base proporzionale con una pluralità irrazionale di soglie per l’accesso dei partiti (4,5 per cento, 8 per cento, 12 per cento) che premia le coalizioni senza tener conto dell’apporto dei partiti che non superino il 4,5 per cento; prevede un premio di maggioranza che tale non è, essendo la soglia del 37 per cento troppo lontana dal 50,1 per cento (che è il valore cui commisurare la legittimità del “premio”); prevede la possibilità di ciascun candidato di presentarsi fino ad un massimo di otto collegi (un vero e proprio specchietto per gli allocchi); prevede, tra l’altro, un artificioso sistema di trasformazione dei voti in seggi che, essendo effettuato in sede nazionale, fa sì che dei voti espressi in sede locale in favore di una data lista si gioverà, in definitiva, una lista votata in una sede diversa.

In un articolo pubblicato sulle pagine di La Repubblica all’indomani del comunicato della Consulta che annunciava l’incostituzionalità del Porcellum, scrissi  che le attuali Camere, ancorché politicamente delegittimate,  ferma restando l’attività di controllo e quella legislativa “ordinaria” politicamente rilevante, avrebbero potuto impegnarsi in talune “necessarie” revisioni costituzionali (come la diminuzione del numero dei parlamentari e la revisione dell’art. 117 Cost. per ciò che riguarda le competenze legislative regionali). Non però le revisioni che avrebbero potuto modificare la forma di governo. Se infatti è discutibile – lo ammetto – che un Parlamento delegittimato possa approvare talune leggi di revisione costituzionale, come io stesso ho scritto (e me ne pento), è però assolutamente inconcepibile che un Parlamento delegittimato possa incidere sulle strutture portanti della nostra democrazia parlamentare. Per contro il Governo Renzi si appresta a presentare un disegno di legge costituzionale che elimina il Senato e lo sostituisce con un’Assemblea delle autonomie, composta da presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano, da due membri eletti dai Consigli regionali e da tre sindaci per ogni Regione.

Con ciò non voglio sostenere che il bicameralismo paritario non possa o non debba essere superato. Non però da “questo” Parlamento e in maniera così poco meditata. Non intendo entrare nel merito di tale preannunciata riforma perché ciò significherebbe in qualche modo prenderla sul serio. Ciò non di meno non posso non osservare che se l’obiettivo perseguito dal Governo Renzi è di eliminare dal bilancio dello Stato la spesa costituita dall’indennità dei 315 senatori, sarebbe preferibile ridurre a 100 il numero dei senatori e a 500 il numero dei deputati, ma mantenere l’elezione diretta dei senatori.
Quale legittimità democratica, senza l’elezione popolare, avrebbe infatti l’Assemblea delle autonomie per partecipare col suo voto all’approvazione delle leggi di revisione costituzionale? E poi, pur tenendo conto delle attribuzioni assegnate all’Assemblea delle autonomie in materia legislativa dal “nuovo” art. 70 della Costituzione, se essa, come previsto, dovrà esprimere un mero “parere” su tutti i disegni di legge approvati dalla Camera dei deputati, quanto tempo rimarrebbe ai suoi componenti per svolgere, nel contempo, anche i compiti di presidente regionale, di consigliere regionale e di sindaco? E infine, nel ridurre l’apporto della seconda Camera a mera funzione consultiva, non si dimentica che il bicameralismo “legislativo” ci ha ripetutamente salvati, e non solo nelle ultime legislature, da modifiche esiziali del nostro ordinamento?(…)”

(I limiti di un Parlamento delegittimato, Alessandro Pace, La Repubblica 26 marzo 2014)

 

 

U_TURN“Se domani passa la nostra proposta sulle Province, tremila politici smetteranno di ricevere un’indennità dagli italiani”.

Questo concetto, espresso dal presidente del Consiglio a termine di una giornata estremamente difficile per la maggioranza e il suo governo, è tendenzialmente populista proteso a guadagnare consenso piuttosto che risolvere la problematicità di fondo.

Un messaggio affidato a twitter che scivola verso un nuovo avanzamento del populismo, elemento che ha contraddistinto  questo ultimo ventennio con effetti degeneranti, dal quale occorre uscire urgentemente.

Non si governa a colpi di spot, soprattutto quando sono faziosi e giocano sulla sensibilità della gente comune.

Come si può basare il sunto di un procedimento importante come quello della riforma delle Provincie  esclusivamente sul fatto che da domani “tremila politici smetteranno di ricevere un’indennità dagli italiani”, quando il riordino riguarda tutt’altra cosa ?

Poco meno di un mese fa Renzi cavalcava lo slogan  “è la #svoltabuona” profilando un futuro di speranza per il Paese, mentre oggi a distanza di così poco tempo invece di tracciare la svolta sembra imboccare la strada per una …una pericolosa inversione a U. Sarà il caso di cambiare satellitare? Perché se si continua su questa strada il rischio per l’Italia di finire in un vicolo cieco non è più una probabilità ma una condizione sempre più reale.

Nulla di personale contro il presidente Renzi. La mia? è solo una riflessione costruttiva.

Una leggera coda invernale sembra caratterizzare questo inizio di primavera partita con piogge, grandinate e correnti  fredde che hanno causato un brusco calo delle temperature su tutto il continente;  a dire la verità esiste un’altra ondata gelida che sta attraversando l’Europa, anche se non ha nulla a che fare con la meteorologia. Sono ben altri, infatti,  i venti freddi che mi preoccupano e che in questo momento alimentano una sempre e più crescente crisi internazionale.

 La vicenda della Crimea e la sua annessione alla Russia di Putin, di fronte a un Occidente infastidito e apparentemente impotente, non  può che rimandarmi ad episodi consegnati alla storia; una storia non molto lontana ma forse non abbastanza presente come  dovrebbe essere.

-L’ulteriore tensione rappresentata dalle tentazioni dell’esercito russo sulla repubblica indipendente della Transnistria,  incrementano i timori  dell’Ucraina e tracciano un quadro davvero  inquietante. La diplomazia internazionale opera per evitare l’evitabile, in una cornice dove i presagi cedono a una memoria offuscata dalla paura .

La crisi economica, politica, istituzionale in atto rinvia ai sintomi che causarono eventi tragici  e che sfociarono nel disumanizzante secondo conflitto mondiale. Una situazione che nessuno oggi osa rievocare pubblicamente,ma che percorre la coscienza di molti. Le annessioni della Germania di Hitler furono sottovalutate e non affrontate responsabilmente: il terrore di una nuova guerra dominava la scena internazionale giustificando l’immobilismo davanti ai piani sfrenati del dittatore nazista.

Sostenere un paragone tra la Germania nazista e la Russia postcomunista può apparire azzardato e non appropriato, ma credo sia utile comprendere le ragioni di una e dell’altra onde evitare il ripetersi degli errori. Non  conosco quali siano le ambizioni di Putin, se siano legittime o incomprensibili , ma intravvedo dietro alle sue azioni elevarsi uno scenario poco rassicurante.

ATPfotoÈ stato raggiunto ieri in Regione l’accordo con i cinque comuni azionisti di ATP per stanziare 600.000 euro necessari ad evitare il fallimento dell’azienda di TPL. Un’intesa che garantisce il carattere pubblico dell’azienda e pone un altro tassello volto a salvarla.

I 600.000 euro che i Comuni costieri di Chiavari, Lavagna, Rapallo, Sestri Levante, Santa Margherita si sono impegnati a versare si aggiungono ai 300.000 derivanti dal progetto delle aree interne che prevede la valorizzazione delle valli del genovesato , ai 4,5 milioni di euro in arrivo dalla Provincia di Genova e garantiti, per circa 3 milioni  dalla vendita a Filse dell’immobile di via Assarotti di proprietà della Provincia, dove ha sede attualmente il Provveditorato agli studi. Senza dimenticare gli ulteriori finanziamenti derivanti dall’aumento del 10% per i Comuni interni, tra i quali anche  Sant’Olcese sempre in prima linea  per salvare l’azienda di trasporto pubblico locale. Un aumento che prevede una maggiorazione della quota di compartecipazione all’accordo di programma, portando il contributo annuo oltre i 40.000 euro. Un impegno formale indirizzato a garantire il servizio di trasporto pubblico per i nostri cittadin.

Ora si guarda al piano di risanamento concordato che dovrà essere presentato entro il 7 aprile al Tribunale e  solo allora si potrà comprendere il futuro di ATP.

Apprezzo ancora una volta l’impegno della Regione Liguria e di tutte le parti coinvolte nel processo per la ristrutturazione aziendale, non concordo però  l’ulteriore aumento del biglietto, che inciderà sui cittadini e sulla disaffezione al servizio. Sono convinto che un buon piano industriale debba mirare anche all’incentivazione del servizio ATP; le politiche tariffarie adottate negli anni precedenti hanno dimostrato il contrario, anche perché all’aumento è sempre corrisposto un peggioramento della qualità del servizio erogato.

Con ieri si è tirato un respiro di sollievo, ma la strada è ancora lunga.

croissant_12Iniziare la giornata con una buona colazione è importantissimo, per questo è giusto cominciare con prodotti degni di questa facoltosa esigenza.
Tra questi in pole position troviamo i croissant fantastici per la loro  straordinaria struttura croccantina e il cuore soffice, che donano alle nostre e vostre giornate uno sprint impareggiabile.

La ricetta che ho testato è facile e  chiede solo un pò di pazienza, seguite passo per passo e vi assicuro ottimi risultati. Allora buona lettura e buona colazione su Papille Clandestine .

Ricetta Croissant 

papille clandestineLe mie avventure culinarie, soprattutto quelle legate alla pasticceria continuano in una nuova collocazione. Uno spazio che sarà ospitato  sul prestigioso Papille Clandestine,  un blog innovativo e competente dedicato al vasto mondo enogastronomico. Con cadenza settimanale cercherò di condividere notizie, ricette, malizie su tutto ciò che riguarda l’esteso campo del dolciume. Un universo meraviglioso dove perdersi appare come un prodigio onirico.  Parola di Massimiliano, “papilla dotata” e gran pasticcione .

 Pan di Spagna o Pasta di Genova?