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Occorre rivedere lo stato giuridico dei partiti, riformare il finanziamento garantendo rigore e trasparenza.

 

Attenzione a non intraprendere la strada del populismo! E mi rivolgofinanziamento-pubblico-ai-partiti direttamente al Governo Letta, perché in queste prime settimane l’impressione che può emergere è quella di una fotografia populista. Sì, perché nel difficile districarsi del governo delle larghe intese, le misure “populiste” poterebbero sembrare quelle più utili per convincere, “sedare” un elettorato, da entrambi le parti spaesato e sfiduciato. E nel tentare di tenere unita questa realtà contrapposta, l’abolizione dell’Imu e del finanziamento pubblico ai partiti risultano essere le scelte condivise per trovare ossigeno .

Rischio di essere antipopolare, so del rischio che corro, ma l’abolizione totale del finanziamento pubblico ai partiti, mi preoccupa molto perché non credo che questa soluzione possa far bene alla qualità della democrazia.

Alcuni o forse in molti hanno sbagliato, hanno generato un sistema vizioso che ha finito con l’arricchire interessi privati, dando vita un vero sputtanamento di soldi pubblici, danneggiando chi invece crede in un forma di democrazia partecipata: penso alla buona militanza e ai tanti volontari che si impegnano nella realizzazione di programmi, proposte e idee politiche.  Ma come un anno fa ero sicuro che la riforma delle Province così formulata non avrebbe prodotto un vero risparmio alla spesa pubblica, così oggi sono convinto che eliminare il finanziamento pubblico ai partiti sia uno specchietto per le allodole.

La qualità , la garanzia della democrazia hanno un costo, questo naturalmente deve rimanere all’interno di regole e di certezze, altrimenti la degenerazione è inevitabile.

Occorre essere vigili, prestare la massima attenzione, soprattutto in momento storicamente difficile come quello che stiamo attraversando. Anche la folla gridò “Barabba” : ma era vera giustizia?

Per colpa di qualcuno non dobbiamo mettere a rischio la tenuta di una democrazia; risulta troppo facile trascinare alla convinzione che il male va estirpato togliendo, eliminando il finanziamento pubblico. Sì, qualcuno potrà far credere che si può fare politica con internet, senza sostenere costi, ma questo sappiamo alla fine non essere vero. Lo ripeto prestiamo la massima attenzione, perché avremo abolito il finanziamento pubblico e passerà la moda dei movimenti, la democrazia deviata troverà un naturale sbocco nel consolidamento dell’oligarchia. Allora la politica la potranno fare solo i Berlusconi, i Della Valle, i Montezemolo, i De Benedetti, gli Agnelli (con tutto il pieno rispetto di queste persone), insomma chi avrà  disposizione un capitale o saranno i capitali forti a scegliere chi sostenere. E la politica, a questo punto, diventerebbe solo passiva per molti o quasi tutti.

Siamo sicuri di voler limitare la partecipazione democratica? Quando ha fame, quando e “incazzato” è più facile trascinare il popolo verso scelte elaborate perché risultino essere quelle idonee , quando il rischio è che siano giustizialiste.

Quando la partecipazione alla democrazia sarà limitata, ovvero sarà una democrazia di “censo”, che fine faranno i diritti per i quali più generazioni hanno offerto la loro vita per un futuro migliore? Tra vent’anni non vorrei sentirmi dire: “fu un errore abolire il finanziamento pubblico ai partiti, perché riducemmo così la democrazia, demandammo ad altri ovvero a pochi la gestione della cosa pubblica, pagando un prezzo salatissimo”.

Chi ha esagerato, chi ha “rubato”e chi ha curato interessi personali sia esonerato dalla politica e consegnato alla giustizia. Sicuramente il sistema del finanziamento pubblico va riformato, non abolito, magari partendo dal riconoscimento della personalità giuridica dei partiti, obbligandoli a regimi di bilancio molto più seri e controllabili di quello che sono stati sino ad oggi; ma non uccidiamo la qualità della democrazia, perché chi oggi grida al lupo al lupo non sia il fautore di una democrazia blindata oligarchicamente parlando.

Questa è una mia semplice riflessione, spero per chi sta leggendo, possa essere  compresa nella preoccupazione che ho colto e voluto condividere.

Don Andrea GalloGenova è commossa, piange Don Andrea Gallo che ieri alle 17.45 ha intrapreso il suo ultimo viaggio. Mancherà quel figlio ribelle, il suo sorriso, il suo sguardo che sapeva incontrare tutti. Certo ci mancheranno i suoi interventi, il suo sigaro, ma non mancherà la volontà di raccogliere la sua eredità, perché il lavoro da Lui iniziato deve e può procedere. Io non ho mai avuto il piacere di conoscerlo personalmente, ho però un ricordo di quando ero molto più giovane. Era il periodo degli studi universitari e rimasi colpito, scandalizzato da un prete genovese, un certo Don Gallo  che aveva dichiarato pubblicamente che aveva aiutato alcune donne ad abortire. Si rimasi esterrefatto, non concepivo che un prete potesse fare certe affermazioni, ritenevo che un curato dovesse semmai agire diversamente. Ma sono le testimonianze delle persone che hanno conosciuto la  sua disponibilità, la sua generosità, soprattutto di “quegli ultimi” che lui ha saputo accogliere, a farmi cambiare opinione aiutandomi a capire chi era questo uomo.  Compresi, così, molto più tardi quelle sue parole, ma soprattutto la sua azione. Don Andrea Gallo decise di rimanere vicino a quelle donne che compivano quella scelta per loro difficile, non condannandole ma offrendo l’amore di Cristo. Non era eresia, ma un servizio cristiano e questo scandalizzava. Ma d’altronde lo stesso messaggio cristiano scandalizza:  Gesù quante volte con il suo insegnamento ha scandalizzato? Quante volte ha scandalizzato i sacerdoti, i funzionari dell’impero, i burocrati. Chi serve la verità cristiana sa di scegliere una via non comoda.

Ho solo un rimorso: avrei voluto chiamarlo e più volte sono stato tentato di farlo, per conoscerlo personalmente e raccontargli di persona questa mia ”conversione” e invece, sbagliando, ho rimandato. E oggi questo pensiero ho voluto condividerlo con quanti leggono.

Credo che Don Andrea Gallo amasse Gesù sopra ogni cosa e nel segno di questa fede ha offerto la sua vita come un autentico servizio. Belle le sue parole oggi riportate da Il Secolo XIX : “A chi incontro per strada non chiedo se è di destra o di sinistra, se è gay o eterosessuale , se ha studiato o non. A qualcuno potrò magari insegnare l’italiano, loro mi insegnano la vita ” . Questo era Don Gallo e queste poche parole sono l’autoritratto di se stesso: un apostolo del Vangelo.

Ha annunciato il vangelo a tutti  mettendolo in pratica, si è adoperato per gli ultimi, soprattutto per quegli emarginati che la società ha talvolta ghettizzato. Questo ha e può avere scandalizzato, ma questa è stata la forza di un uomo che ha saputo servire l’uomo, in quanto uomo; e più era lontano da Gesù più lui lo chiamava, lo assisteva, mai obbligando, mai imponendo ma solo con il desiderio di comunicare che mai tutto è perduto, che sopra ogni cosa c’è un amore totale. Bello quando parlava e pensava a Gesù portandolo ai giorni nostri. Per Don Gallo Gesù mai avrebbe rifiutato un tossicodipendente, una prostituta o un omosessuale: l’amore di Gesù è fatto per accogliere non per condannare.

Grazie Don Gallo, perché ho apprezzato il tuo servizio  offerto non solo a questa città ma ogni donna e ogni uomo, senza distinzione, senza indagare l’appartenenza, sapendo dentro di te che esiste una sola nazione: quella di Dio. Questo è il mio pensiero che si unisce ai tanti altri partecipati, per Te questa poesia di Alda Merini: ti accompagnino queste parole nel Regno che nella Tua vita, nel Tuo servizio hai saputo annunciare:

Inno (tu sei Pietro ) Se tu mi hai posto in grembo e nella mente/questo seme dolcissimo di amore,/ versa sopr’esso un’aria che lo allevi/ e che gli dia più facile respiro!/ Se mi hai dato l’Amore come parte /di Te che sei la Parte della vita,/ fa che io trovi il calice più mio, /il più vasto, il più ricco e desolato/ per colmarlo di me, fa che io trovi.

La situazione del Carlo Felice, la vicenda del Teatro Modena, gli ulteriori tagli che colpiranno la già drammatica realtà della Cultura a Genova, alimentano da settimane scenari di pessimismo e di incertezze.

Questa triste fotografia che emerge da Genova, è ancora più tragica se si pensa che questa città nel 2004 è stata Capitale europea della Cultura. Se siamo arrivati a questo punto, è evidente che le occasioni rappresentate in quell’anno così particolare non sono state sfruttate pienamente, e che sono mancate politiche lungimiranti che avrebbero dovuto consentire una ripresa.

Non fermiamoci a istruire solo processi, non stoppiamoci alla sola azione del mugugno, occorre guardare avanti ora più che mai: “osare” deve diventare il nuovo motivo di riscatto per creare a Genova ciò che sino ad oggi non si è fatto, “osare” per abbattere ogni schema logico, vecchio e usurato.

Le difficoltà economiche che stanno mettendo a dura prova tutto il ricco patrimonio culturale genovese non devono assolutamente piegare la città ma, attingendo dalla forza che Genova sa dimostrare nei momenti più difficili, bisogna superarle. Per conseguire questo obiettivo serve una nuova concezione, un sistema che sappia cogliere un diverso modello di sviluppo culturale. Occorre contrastare le correnti negative che riducono la cultura, nell’immaginativo collettivo ad  un pozzo senza fondo dove si perdono le risorse pubbliche; bisogna   inaugurare un processo che sappia fare della creatività artistica uno dei suoi aspetti di attrazione  culturale e turistica.

Rinnovo la mia solidarietà ai lavoratori dell’Ente Lirico genovese, come rinnovo il mio impegno per salvare dalla mannaia dei tagli tutti i teatri presenti sul nostro territorio.

Ho un’idea in mente e sono pronto a presentarla nei prossimi giorni. Ma un passo alla volta.

Desidero fare un appello perché siano convocati gli Stati Generali della Cultura. È il momento di aprire un confronto libero, costruttivo che sappia coinvolgere gli Enti pubblici, i teatri, i musei, biblioteche, le associazioni, operatori per delineare insieme un progetto innovativo e condiviso .

Siamo in una fase cruciale, la promozione degli Stati Generali della Cultura può rappresentare un’occasione unica per cogliere il contributo di tutti, perché abbiamo bisogno di nuovi stimoli, di nuove opportunità e di vagliare strumenti moderni. Siamo chiamati ad assumere metodologie più originali soprattutto in tema di investimenti nelle politiche culturali, intesi non come ancora di salvezza, ma come motivo di nuovo sviluppo: solo attraverso un serio e urgente dibattito senza preclusioni si potrà comprendere quali siano gli ostacoli per inaugurare un nuovo sistemastati-generali-della-cultura-500x426

Si, quindi, agli Stati Generali  della Cultura per definire un programma ambizioso, un investimento sulla città, che sia in grado di trasformare le difficoltà di oggi in un’occasione di sviluppo per il domani: il patrimonio culturale non manca, cogliamo allora questa sfida, valorizziamo la cultura e rendiamola un polo di attrazione .

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Genova. “Finanze pubbliche, crisi e difficoltà della macchina amministrativa, depauperamento dell’efficienza degli Enti pubblici: il vero problema non è riconducibile all’IMU.” Ha esordito così Massimiliano Tovo segretario UDC di Genova e assessore di Sant’Olcese intervenendo sulle difficoltà gestionali dei Comuni, guardando anche ai futuri impegni che dovranno essere assunti dai governi.il_patto_di_stabilita

“IMU si o IMU no, – dibattito sul quale da mesi è in corso un confronto senza esiti concreti e sul quale questo Governo ha intrapreso la sua azione. Ma dobbiamo – afferma Tovo -dirci la verità, dobbiamo dire ai cittadini, che probabilmente e giustamente sono più sensibili alle scelte relative al futuro dell’IMU, che il sostanziale problema non è legato a questa tassa, anzi si potrebbe superare introducendo nuove misure più eque e funzionali. La spada di Damocle che pesa sul futuro dei Comuni, che li sta riducendo nel potenziale delle loro azioni amministrative è il Trattato di Amsterdan , meglio conosciuto come Patto di stabilità interno . Discorsi che possono apparire tecnici ma che in realtà non lo sono, perché riguardano il futuro di tutti.”

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scheda-elettoraleCi risiamo un’altra volta. L’ennesima. Potrebbe sembrare una soap opera, dove le vicende sembrano non avere mai fine. In realtà è un dramma che sta colpendo l’ossatura della nostra democrazia: il Porcellum.

Ogni inizio legislatura torna il tormentone riforma elettorale si o no, poi pausa , per riapparire verso la chiusura delle Camere . All’inizio non è mai ritenuta come urgenza e, alla fine, troppo tardi non ci sono più i tempi. Il tempo passa e di parlamenti eletti con questa Legge porcata continuano a prodursi, senza interventi significativi volti a correggere il sistema elettorale.  È vero ci saranno e ci sono altre urgenze in questo Paese, ma la legge elettorale è lo strumento che può aiutare a scegliere chi dovrebbe risolvere questi problemi e i programmi relativi; la legge elettorale è lo strumento con il quale dovrebbe avvenire un normale processo di selezione della classe politica: quella che dovrà legiferare, rappresentarci e governare. Ma se lo strumento non consente di scegliere, perché non concede di valutare ma di “tele votare” un elenco di principi nominati, oltre che a generare pasticci e pantani   istituzionali, l’effetto più grave conseguente è rappresentato da una tensione egocentrica che risponde alla volontà esclusiva di poche soggetti: da qui soluzioni sbagliate,riforme azzoppate, leggi ad personam .

Apprendere nuovamente dai giornali, che da entrambi le parti c’è chi è convinto che la legge elettorale vada riformata immediatamente , e c’è chi è convinto che altri siano i problemi da affrontare, dona un sentimento di forte scoraggiamento, ma non di rassegnazione. Sono vere entrambi le due verità, ma per dare risposte concrete servono non i tecnici, larghe intese ma governi che sappiano fare il loro lavoro. La legge elettorale è il principale strumento che può dare la possibilità di scegliere chi assumere alla guida del Paese ma anche di licenziare. Ecco perché serve una legge elettorale in grado di garantire un sistema democratico partecipato e non di stampo populista e oligarchico. Il carnevale è finito da tempo e  la quaresima è durata otre ogni misura: sia la fase   di una nuova “Pasqua elettorale”, perche è l’ora della resurrezione   politica, di governi che sappiano governare le nuove sfide nell’interessi dei popoli, dei cittadini e non di poteri celati che offuscano e danneggiano la democrazia .

La legge elettorale va cambiata subito non è possibile continuare a perseguire le strategie del rinvio. Il Porcellum fa comodo a troppi ma male a tutti.